Psicologia Torino
Domande frequenti

Domande frequenti

Lo Psicologo è un professionista della salute mentale che ha conseguito la laurea in Psicologia (5 anni per il vecchio ordinamento o 3+2 anni), ha sostenuto con successo l’esame di abilitazione all’esercizio della professione (Esame di Stato) ed è regolarmente iscritto all’Ordine degli Psicologi.

“La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.” (art. 1 Legge 56/89)”

Lo Psicoterapeuta è un professionista che, dopo l’abilitazione alla professione di psicologo, o alla laurea in Medicina e Chirurgia, ha conseguito il diploma di Specializzazione in Psicoterapia, frequentando una delle Scuole riconosciute dal Miur.

Lo Psichiatra è un medico che, dopo essersi laureato in Medicina e Chirurgia, ha conseguito la laurea e si è iscritto all’Albo Regionale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri. Dopo la laurea si è iscritto alla Scuola di Psichiatria divenendo poi Specialista in Psichiatria. A differenza dello Psicologo e dello Psicologo Psicoterapeuta, è abilitato alla prescrizione di farmaci e può essere, ma non è obbligatorio che lo sia, anche Psicoterapeuta.

Entrambe le figure affiancano le persone nelle situazioni che richiedono attenzione, ma svolgono un ruolo completamente diverso all’interno della relazione d’aiuto.
Dal punto di vista normativo però lo Psicologo è il professionista che ha compiuto un lungo percorso formativo e che esercita la professione, così come è prevista dalla normativa vigente. Per contro, la figura professionale del Counsellor non è specificamente regolamentata dalla normativa italiana, né per quanto riguarda il percorso formativo necessario per diventare un Counsellor, né per quanto riguarda la natura della propria attività professionale. Esiste una legge – la Legge 4/2013 – che disciplina le “professioni non organizzate in ordini e collegi”, ma non esiste (come per gli Psicologi) una specifica legge per i Counsellor. Di fatto per la legge italiana non esiste la figura del Counsellor, di conseguenza chiunque può definirsi un Counsellor in qualunque momento.

Per vedere se un professionista è regolarmente iscritto all’albo della Regione Piemonte e per sapere se è anche psicoterapeuta è possibile consultare l’Albo Online. Se il professionista che si sta cercando lavora in un’altra regione, oppure non risulta tra i nominativi presenti nell’Albo degli Psicologi del Piemonte, si può consultare l’Albo Unico Nazionale dell’Ordine Nazionale degli Psicologi.

Il primo colloquio, è gratuito; può essere fissato compilando il form di contatto presente sul sito, oppure inviando una mail a info@erikatrombotto.com, o telefonando o mandando un whatsapp al 3492939736

Il primo colloquio può avvenire online o in presenza in base alle preferenze della persona ed agli impegni del terapeuta. E’un momento conoscitivo, in cui due persone si incontrano per la prima volta ed in cui si è liberi di esprimersi e di raccontare ciò che le sta più a cuore. Insieme al professionista, trattandosi di un percorso condiviso, si pianifica insieme la strada che si andrà a percorrere, in base a ciò che emerso.

Solitamente per i percorsi individuali è prevista una cadenza settimanale ed il colloquio ha una durata di 50 minuti.

Le prestazioni professionali dello psicologo e dello psicoterapeuta, regolarmente iscritti all’Albo degli Psicologi, sono equiparabili a quelle sanitarie (fatte ad esempio da un medico) e quindi sono detraibili nella percentuale del 19% e al netto della franchigia fissa di 129,11 euro. Per poter detrarre la prestazione sanitaria è necessario che il professionista che ha erogato la prestazione rilasci regolare fattura e che tali dati di fatturazione vengano comunicati, dal professionista stesso, al Sistema Tessera Sanitaria. Questo invio avviene solo se il paziente interessato non abbia previamente fatto valere il proprio diritto di opposizione all’invio. Le spese sanitarie possono essere portate in detrazione anche se sostenute per familiari fiscalmente a carico.

E’ per i matti, E’ per i deboli (ce la si fa da soli), Potrebbe manipolare la mente, Io sono fatto cosi’ (cambiare è impossibile), Nessuno può capire il mio dolore, Ah sei psicologo? Allora, aiuto, ora mi psicanalizzerai, Un amico è meglio, La psicoterapia dura anni, I problemi non si risolvono parlando, Sei psicologo? Allora puoi interpretare il mio sogno che ho fatto questa notte.

L’EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un approccio terapeutico utilizzato per il trattamento del trauma e di problematiche legate allo stress, soprattutto allo stress traumatico.

Secondo il DSM V lo stress è lo schema di risposte specifiche e non specifiche che una persona mette in atto a seguito di eventi stimolo che disturbano il suo equilibrio o lo mettono a dura prova o eccedono la sua capacità di farne fronte”. Lo stress ha a che fare con il modo in cui affrontiamo gli stimoli che ci riguardano. Gli stimoli possono essere esterni o interni e il modo in cui li affrontiamo può essere definito esternamente dagli altri o dalla nostra stessa percezione. Indipendentemente da come vengono definite queste variabili, quando le nostre risorse (è cioè la capacita di far fronte allo stimolo) sono sotto pressione, viene generato lo stress. Maggiore è la pressione, maggiore sarà lo stress.

Secondo il DSM V l’ansia è definita come l’’apprensione anticipatoria di un pericolo futuro accompagnata da un sentimento di preoccupazione, angoscia e/o sensazioni somatiche di tensione. Il focus del pericolo può essere interno o esterno.”

L’ansia dunque tende ad essere generata internamente e ha a che fare con la nostra percezione di ciò che ci verrà richiesto e le nostre risorse per far fronte alle richieste. Ha a che fare con la valutazione interna del rischio dell’evento stressante, il suo potenziale impatto su di noi e, soprattutto, le sensazioni e le emozioni generate. Cosa potrebbe accadere? Posso gestirlo? Ho quello che serve? Cosa succede se non ce la farò?

Secondo l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la depressione è considerata la seconda causa di disabilità nel panorama delle malattie fisiche e psicologiche. Il DSM V, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, classifica il disturbo depressivo maggiore, noto anche come depressione clinica, depressione maggiore, come uno dei disturbi dell’umore, caratterizzata da episodi di umore depresso accompagnati principalmente da una bassa autostima e perdita di interesse o piacere per le attività normalmente considerate piacevoli: questo fenomeno viene descritto come anedonia. E’ una malattia invalidante che spesso coinvolge la sfera affettiva e cognitiva della persona, influendo in modo disadattivo sulla vita familiare, sul lavoro, sulle abitudini alimentari, sul sonno, sulla salute fisica etc…avendo un forte impatto forte sullo stile di vita e la qualità di vita in generale. Le persone che soffrono di depressione si sentono incapaci di fronteggiare le situazioni e si ritengono inferiori agli altri.Alcuni dei sintomi più comuni sono:

  • la perdita di energiesenso di fatica
  • difficoltà nella concentrazione e memoria
  • agitazione, nervosismo, rabbia e aggressività
  • perdita o aumento di peso
  • disturbi del sonno (insonnia o ipersonnia)
  • mancanza di desiderio sessuale
  • dolori fisici

Le emozioni tipiche che vengono provate da chi soffre di questi disturbo sono la tristezza, l’angoscia la disperazione, senso di impotenza, solitudine, perdita della speranza, seno di vuoto, rabbia. I comportamenti che si manifestano in chi soffre di questa patologia sono l’evitamento dei contatti con le persone, scarsa cura personale, comportamenti passivi, apatia, lamentele frequenti fino ad arrivare nei casi più gravi a tentativi di suicidio.

Vi sono infine, alcuni eventi stressanti, vissuti come perdite irreparabili e totali che possono favorire l’insorgenza di questo disturbo come per esempio rottura di legami affettivi importanti, lutti, malattie, essere vittime di traumi e così via, anche l’abuso di sostanze e alcol.

Secondo il DSM V, il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali, il disturbo da attacchi di panico, detto anche PA o PD (dall’inglese panic attack/s o panic disorder), è una forma clinica dei DISTURBI D’ANSIA caratterizzata da intensi stati di ansia accompagnati da altri sintomi psicologici e fisici che si presentano in maniera imprevedibile, generalmente senza una razionale causa scatenante. Benché abbiano una durata variabile, da pochi secondi ad alcune ore, in media non superano i 30 minuti. Pur essendo un evento emotivamente intenso al punto che il paziente potrebbe sentire di stare per perdere il controllo, non pongono rischi alla salute fisica.

I sintomi più comuni che si sperimentano durante un attacco di panico sono i seguenti:

  • Palpitazioni e tachicardia
  • Sudorazione
  • Tremori fini o a grandi scosse
  • Difficoltà a respirare e/o senso di soffocamente
  • Fastidio al petto
  • Nausea o dolori addominali
  • Parestesie
  • Paura di perdere il controllo e di “impazzire”
  • Paura di morire

Quando una persona presenta un primo attacco ha, successivamente, una preoccupazione persistente rispetto all’insorgere di altri attacchi, la cosiddetta ansia anticipatoria, con le relative conseguenze. Potrebbe quindi accadere che queste preoccupazioni conducano la persona a cambiamenti comportamentali che la portano ad adattarsi all’ambiente in maniera poco adattiva (ad esempio a non uscire più di casa per evitare che gli attacchi di ripresentino). Quello che succede, quando si sviluppa un disturbo da attacchi di panico, è il susseguirsi di una serie di pensieri disfunzionali che, muovendosi in maniera circolare, conducono ad un nuovo attacco. Facciamo un esempio:

Evento: devo uscire con la ragazza

Pensieri: “sicuramente mi sentirò male come è successo la scorsa volta”

Emozione: ansia anticipatoria

Reazioni fisiologiche: palpitazioni, tachicardia, fiato corto ecc..

Interpretazioni catastrofiche delle sensazioni fisiologiche: “sto avendo un infarto”

Culmine: attacco di panico

Paura di avere nuovi attacchi: “ho paura che mi venga di nuovo un attacco e quindi non uscirò più con nessuno”

Gli attacchi di panico quindi, sono la conseguenza di interpretazioni catastrofiche di eventi fisici e mentali che, venendo considerati erroneamente (es: attacco cardiaco, svenire, soffocare o diventare pazzo) conducono la persona ad avere sempre nuovi attacchi e ad evitare le situazioni temute, a volte anche in maniera estrema.

 

La risposta è “Mindfulness” sia la consapevolezza di sé

E’ la traduzione di “sati” che in lingua pāli, il linguaggio utilizzato dal Buddha per i suoi insegnamenti, vuol dire principalmente consapevolezza, attenzione o piena consapevolezza mentale.

Con Ludopatia si intende un’Addiction (dipendenza) di comportamento. Secondo il DSMV, il Manuale Diagnostico Statistico, la Ludopatia detta anche GAP, è un comportamento problematico persistente o ricorrente legato al gioco d’azzardo. Questo porta a disagio o compromissione del funzionamento individuale clinicamente significativi.

Persistente e ricorrente comportamento di gioco d’azzardo maladattivo che conduce a compromissione o disagio clinici, come indicato da quattro (o più elencati qui sotto) dei seguenti criteri in un periodo di 12 mesi.

Secondo il DSM-V i sintomi presenti in chi soffre di questa patologia sono i seguenti:

  • Bisogni di giocare d’azzardo con quantità crescenti di denaro al fine di ottenere la desiderata eccitazione.
  • È irrequieto o irritabile quando si tenta di ridurre o interrompere il gioco d’azzardo.
  • Ha compiuto sforzi ripetuti senza successo per controllare, ridurre, o interrompere il gioco d’azzardo.
  • È spesso preoccupato dal gioco (ad esempio, ha pensieri sulle passate esperienze di gioco, pensieri su modi per ottenere denaro con cui continuare a giocare).
  • Spesso scommette quando si sente angosciato (ad esempio, inerme, colpevole, ansioso, depresso).
  • Dopo aver perso soldi al gioco, spesso torna un altro giorno per ottenere la rivincita.
  • Mente per nascondere l’entità del coinvolgimento con il gioco d’azzardo.
  • Ha messo a repentaglio o perso una relazione significativa, il lavoro, o opportunità di istruzione o di carriera a causa del gioco d’azzardo.
  • Si appoggia agli altri per trovare denaro per alleviare situazioni finanziarie difficili provocate dal gioco d’azzardo.

L’insonnia può essere definita come una: “Reiterata difficoltà a iniziare e/o mantenere il sonno, tale che esso risulta di durata e/o qualità insoddisfacente” (Devoto e Violani, 2010).

L’insonnia è un disturbo del sonno ampiamente diffuso e con un forte impatto sulla salute degli individui.

Si stima che circa il 10-15 % della popolazione soffra di insonnia. Mentre circa il 50% della popolazione manifesta sintomi di insonnia.

Circa il 90% dei pazienti con depressione presenta i sintomi caratteristici d’insonnia. Tra il 70 e il 90 % dei pazienti con disturbi d’ansia riferisce di soffrire di insonnia.

Per quanto riguarda il trattamento dell’insonnia, i dati epidemiologici mostrano che la maggior parte delle persone gestisce il problema d’insonnia con l’assunzione di farmaci (benzodiazepine) e che molte persone non intraprendono alcun trattamento.

Le conseguenze sono:

  • aumento dei costi sociali per le spese farmaceutiche;
  • diminuzione dell’efficienza lavorativa;
  • aumento degli incidenti stradali e sul lavoro.

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